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7 passi per raggiungere Marte

La spedizione sul pianeta rosso dettagliata da Giacomo Cao, presidente del Distretto aerospaziale della Sardegna e amministratore unico di CRS4

L’approvazione da parte del MUR, con un finanziamento pari a 4 M euro, del progetto Space manufacturing in-situ che coinvolge il Distretto Aero Spaziale della Sardegna – DASS in qualità di capofila e responsabilità scientifica, l’Università di Cagliari, il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali – CIRA, la società consortile Aerospace Laboratory for Innovative components – ALI (attualmente trasformata in Società per Azioni), Lead Tech e il Centro di Ricerche Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna – CRS4, consente di innescare la spedizione verso il pianeta rosso denominata Small Mission to Mars a cui è strettamente connesso e che coinvolge numerosi altri partner.
Small mission to Mars è un progetto che si concentra sulla realizzazione di una missione interplanetaria avente come obiettivo finale, tra gli altri, il trasferimento sul suolo marziano di un macchinario per la produzione di manufatti utilizzando materie prime disponibili sul pianeta rosso, supportando in tal modo potenziali future colonie su tale corpo celeste.
Un iter in sette passaggi spiega a grandi linee il profondo capovolgimento di prospettive che vede l’Italia e la Sardegna in prima linea. Nella prima fase la missione si pone, tra gli altri, l’obiettivo di massimizzare l’utilizzo di sistemi di lancio italiani ed Europei, come ad esempio il lanciatore VEGA e le sue evoluzioni.
«Small Mission to Mars oggi ha un costo stimato di 300 milioni, questo è lo scenario e dobbiamo tenerne conto, di cui 50 sono destinati alla fase di lancio, tutto il resto per lo sviluppo del lanciatore, dei payload e per l’ammartaggio. – spiega Giacomo Cao – La risorsa già acquisita pari a 4 milioni relativa a Space Manufacturing in-situ può essere considerata come una costola, una porzione modesta del progetto molto più ampio. La sostanza è che la missione che ha l’obiettivo di raggiungere il pianeta rosso potrebbe necessitare la costituzione di una new company finalizzata all’obiettivo che consenta in particolare di attrarre le necessarie risorse pubbliche e private.»
Durante la fase 2, verrà studiato il trasferimento interplanetario. Attualmente VEGA è già in grado di trasferire masse paganti nell’ambito di missioni interplanetarie.
«Il lanciatore italiano, sviluppato in ambito ESA, garantisce la concreta fattibilità di un lancio nello Spazio senza dover ricorrere a paesi terzi. – dettaglia il presidente Cao – L’intero progetto, nei desideri di coloro che lo stanno proponendo, è creare una missione interamente italiana, questo è il punto assolutamente sfidante: mettere l’Italia in una posizione di rilevanza anche rispetto a missioni quali Exomars che prevedono costi quattro volte maggiori. Il vettore italiano ha già dimostrato di poter essere all’altezza. Oggi, grazie anche ai recenti investimenti, si può immaginare di dare seguito in modo realistico all’impresa.» Se per la fase 3 si realizzerà lo studio del sistema assieme a tutti i sottosistemi principali, per lo step numero 4 si prevede come dar corso alla manovra di entrata e di discesa sulla superfice del pianeta.
«Una volta raggiunta l’atmosfera marziana con i tre payload, ovvero i carichi utili proposti nel progetto, si intende porre uno di questi, ideato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, in orbita attorno ad una delle lune di Marte che si chiama Phobos. – sottolinea Giacomo Cao. – Gli altri due carichi utili dovranno arrivare sulla superficie marziana ed è proprio questa, la numero cinque, una delle fasi più delicate dell’intero processo. Si prevede di utilizzare IRENE, tecnologia innovativa messa a punto dalla società ALI in Campania che si sta rilevando particolarmente performante. Uno dei carichi utili di cui è previsto l’ammartaggio durante la fase sei del progetto, è un drone la cui tecnologia è stata sviluppata dall’università di Napoli Federico II. L’altro è rappresentato da un sistema per la produzione di elementi strutturali, di fatto dei mattoncini, utilizzando il suolo marziano: ed è questa la tecnologia di proprietà del DASS che verrà impiegata durante la fase sette.»
Grazie a tecnologie avanzate e collaborazione tra i partner già citati, oltre a Politecnico di Milano, Telespazio, Distretto aerospaziale campano e dell’Emilia-Romagna coinvolti nel progetto Small mission to Mars, l’Italia entra da protagonista nella “space economy”.

Anna Maria Turra

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