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“Insomnia”, al Mart Rovereto l’omaggio a Fini-Clerici

Due artisti surrealisti risplendono attraverso le loro opere nelle sale del Mart. Fino al 5 novembre in mostra il forte legame che è fonte reciproca di ispirazione

Amici e complici per oltre cinquant’anni nel segno dell’eccentricità e della vita artistica. Leonor Fini e Fabrizio Clerici sono stati due artisti straordinari del secolo scorso che oggi rivivono grazie alla grande mostra a loro dedicata firmata dal Marti di Rovereto a cura di Denis Isaia e Giulia Tulino, in collaborazione con l’Archivio Fabrizio Clerici. Oltre quattrocento opere tra dipinti, disegni, fotografie, video, documenti, bozzetti teatrali, costumi e oggetti. In un allestimento cronologico e filologico, intervallato da numerosi affondi tematici dedicati alle passioni condivise dai due artisti, il lavoro di Fini e Clerici si confronta con le opere dei loro maestri, come Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Arturo Nathan, Bruno Croatto, ma anche dei loro compagni di viaggio, come Stanislao Lepri, Eugène Berman, Pavel Tchelitchew e dei loro eredi, come Enrico d’Assia ed Eros Renzetti. Nel quadro generale di riscoperta, dunque, degli artisti surrealisti e neoromantici non potevano mancare questi due artisti. A partire da Leonor Fini. Nata a Buenos Aires nel 1907, morta a Parigi nel 1996, cresciuta a Trieste, vissuta tra Milano, Roma, Parigi, Leonor Fini ha consacrato la propria vita all’arte ed è stata essa stessa opera d’arte. Ripercorrendone la biografia emerge come numerose relazioni siano inscindibili dalla sua storia e abbiano influenzato e definito la sua opera. Una di queste è certamente l’amicizia con l’artista Fabrizio Clerici, conosciuto negli anni Trenta a Parigi. Nato a Milano nel 1913 e morto a Roma nel 1993, architetto di formazione, si dedica alle arti visive e al teatro, sperimentando e innovando diversi linguaggi culturali. Come spiegato dagli organizzatori «La mostra dà conto dell’intera carriera di entrambi, a partire dagli anni Venti, anni di formazione, prove e scoperte, fino alla maturità artistica; passando per opere, documenti, materiali d’archivio, costumi, oggetti di scena, libri illustrati, manufatti collezionati dai due artisti, video e fotografie per lo più inedite che li ritraggono insieme. In un percorso vertiginoso costellato di ricche quadrerie, sale tematiche, accostamenti originali, ciò che i curatori desiderano ricostruire è la storia di un’amicizia rara, libera, esuberante, precorritrice dei tempi se non addirittura fuori da qualsiasi tempo». Come ben descrivono nel catalogo che accompagna la mostra Alyce Mahon, Eros Renzetti e Giulia Tulino “Fini e Clerici esprimono un modo alternativo di vedere la realtà, che supera le categorizzazioni proprie del modello sociale patriarcale e che ancora oggi ispira le comunità queer. Praticando la libertà e l’emancipazione Fini e Clerici concretizzano una costante messa in discussione dei sistemi normativi della conoscenza. Con questo spirito vanno osservate le opere che inneggiano alla metamorfosi, le creature fantastiche, le bellezze ibride. Il cambiamento, il travestitismo, la performance come moltiplicatori delle possibilità”.

Davide Mosca

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