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L’obiettivo della ricerca di Eleonora Ortolani è quello di rendere commestibili le molecole della plastica
La plastica è diventata una componente ormai indispensabile del mondo moderno. Dalle stoviglie utilizzate in cucina fino agli imballaggi più vari, ogni tipo di prodotto possiede almeno in minima parte una “anima” di plastica”. E tanto questo materiale risulta utile e poco costoso, tanto la sua lenta degradazione è dannosa per il nostro pianeta. Secondo i dati rilasciati dal WWF, ogni anno vengono prodotte circa 450 milioni di tonnellate di plastica, di cui 8 sono rilasciate negli oceani, un’emergenza che se non fermata rischia di compromettere in maniera irreparabile l’ecosistema e la vita di numerose specie animali. Ma a mali estremi, estremi rimedi. Strano a dirsi, ma sembra proprio che l’unico modo per ridurre la sempre più crescente quantità di rifiuti della plastica passi dal nostro stomaco.
A proporlo è Eleonora Ortolani, designer multidisciplinare italiana con sede a Londra che con il progetto Guilty Flavours punta a proporre un’alternativa alle normali abitudini alimentari portando sulle tavole del mondo la plastica più buona – e finora l’unica – che abbiate mai mangiato. La ricerca nasce infatti con l’ambizioso obiettivo di rendere commestibili le molecole della plastica e ha coinvolto scienziati e ricercatori dell’Università di Edimburgo, della London Metropolitan University e del laboratorio di microbiologia Grow Lab CSM. Per ora, la ricerca di Ortalani è ancora nella sua fase sperimentale di sviluppo e ci vorrà diverso tempo prima che possa considerarsi una valida alternativa per il recupero dei residui della plastica, anche perché il ricavato – chimicamente simile alla molecola di vanillina – è da considerarsi un ingrediente edibile del tutto nuovo e quindi soggetto a rigorosi test di controllo. La ricerca si propone anche di sfidare il pensiero tradizionale riguardo l’alimentazione, portando una riflessione molto attuale sulla reale disponibilità della società a cambiare le proprie abitudini alimentari in nome di un ambiente più sano e un futuro sostenibile.
Francesco di Nuzzo